Alfacod

20 febbraio 2013

Centri di distribuzione: quanto ci costano gli errori di prelievo?

Un centro di distribuzione registra mediamente costi in eccesso per circa 390.000 dollari all’anno a causa di errori di prelevamento (mis-pick) della merce in magazzino.

Lo studio si basa sulle interviste di 250 manager di Supply Chain e di Distribuzione in quattro Paesi (USA, Regno Unito, Francia e Germania), e ha appurato che mediamente un singolo errore di prelevamento costa 22 dollari, e che oltre la metà delle aziende (52%) ha un tasso di prelevamenti corretti (pick rate) inferiore al 97%. Un 19% di aziende inoltre non misura in alcun modo i costi degli errati prelevamenti, cosa che fa pensare che i costi reali di questi errori possano essere anche superiori ai valori calcolati nell’analisi.

Non sorprende che le aziende del campione che hanno recentemente condotto un’analisi dei processi di supply chain abbiano rilevato che il picking sia una delle aree che più offrono opportunità di tagliare costi e realizzare efficienza. Otto manager su 10, nel campione, riferiscono di avere l’incarico di tagliare i costi (in media del 19%) delle attività di magazzino, e tre quarti di essi sono convinti che l’automazione e l’adozione di nuove tecnologie possano essere gli elementi più importanti per migliorare la profittabilità dei centri di distribuzione.

UNA GRANDE SFIDA
La situazione reale non rispecchia completamente la convinzione sull’importanza delle nuove tecnologie, perché quasi un’azienda su quattro (23%) usa ancora documenti cartacei per gestire i processi del centro di distribuzione. Il lato più positivo è che aumenta comunque l’uso di tecnologie avanzate: oltre la metà dei manager (52%) ha adottato le etichette RFID, mentre il 24% delle soluzioni di riconoscimento vocaleper le attività di magazzino.

Questa indagine mostra quanto le inefficienze operative impattino sui livelli di servizio e sui margini di profitto di magazzino. Alla luce dei risparmi di costo che sono potenzialmente ottenibili a livello di un intero centro di distribuzione, le resistenze rispetto ai processi e agli strumenti tecnologici che possono fare la differenza, non sono più un’opzione ammissibile”.

1 febbraio 2013

Fast fashion con l'RFid

Si dice che le mode siano passeggere, ed è vero. Il fast fashion vaggia alla velocità della luce ed è per questo l’Rfid sta diventando un must delle collezioni italiane. C’è chi è partito subito e chi è arrivato dopo. Imperial Fashion è stata pioniera a iniziare nel 2006. Il brand del pronto moda bolognese, conosciuto attraverso i marchi Imperial e Please, oggi vende circa 5 milioni di capi (di cui il 50% all’estero, soprattutto in Europa, Unione Sovietica, Far East). Tutti i modelli, brevettati e garantiti dall’Rfid, sono promossi attraverso una digital strategy davvero cross-mediale, che utilizza augmented reality e social network.
L’innovazione tecnologica è sempre stata un punto di forza delle vision aziendali. Fashion style e fashion tech, di fatto, convergono in un business plan che fa del fast fashion un processo puntato alla qualità e alla massima produttività. Imperial, che ha 5 negozi BtB e 80 negozi monomarca di cui 26 proprietari, ha introdotto le etichette Rfid per un motivo estremamente pratico: ridurre i tempi di vendita degli showroom e i margini di errore in fase di conteggio. Quando i negozianti arrivavano per approvvigionarsi, infatti, i commessi impiegavano moltissimo tempo a scansionare i codici a barre per l’elaborazione dell’ordine. E siccome aspettare è una cosa che non piace a nessuno, l’introduzione dell’Rfid con sistemi di lettura automatici (tramite varchi e terminali mobili per la lettura dei tag) avrebbe portato un aumento della customer satisfaction, nell’ottica di un miglior servizio offerto dal fast fashion Imperial. E così è stato.

Adriano Radice, Vice Presidente del Gruppo Alfacod
ETICHETTE RFID: COMBATTONO LA CONTRAFFAZIONE
Dal 2006 in poi l’Rfid, basato su tag realizzati con un’innovativa tecnologia in rame di Smart Res, si è evoluto: dalle prime etichette Rfid Hf (High Frequency) sui pendagli, con la liberalizzazione delle frequenze il brand bolognese del Fast Fashion è passato nel 2009 ai tag Uhf (Ultra High Frequency). Il passo ulteriore è stato sfruttare l’evoluzione dell’Rfid e della memoria integrata per inserire e gestire maggiori informazioni, passando nel 2011 etichette Uhf triplex a 128 bit. Grazie a questo passaggio,  Imperial porta una nuova intelligenza nella moda, migliorando ancora di più i processi di produzione e di distribuzione. “Ma l’Rfid nel Fast Fashion non serve solo la parte logistica – spiega Adriano Radice, Vice Presidente Gruppo Alfacod, partner tecnologico del progetto RfidLa rilevanza dell’Rfid per Imperial è anche tattica e strategica perché aiuta l’azienda a presidiare la lotta all’anticontraffazione e a combattere il grey market. Il pendaglio Rfid, infatti, non solo fa parte della distinta base del prodotto come tassello tecnologico che si interfaccia al sistema gestionale. Grazie all’identificazione univoca ogni singolo capo è riconosciuto come originale da un codice di riconoscimento certificato e garantito che ha valore legale e ha aiutato nel corso del tempo l’azienda in modo fattivo, bloccando le attività di chiunque abbia provato a copiare i suoi modelli”. 

CON LO SHOWROOM DIGITALE, IL SERVIZIO DIVENTA FULL TIME
Punto di riferimento nel comparto fast fashion italiano, Imperial ha messo a disposizione dei retailer e dei distributori anche uno showroom virtuale. La chiave è nell’as a service, che attraverso l’on line, porta comodità e immediatezza, soprattutto quando si hanno le idee chiare. Grazie allo showroom virtuale possono essere comodamente visionati sia i prodotti in giacenza che, per quanto riguarda la casa madre di Bologna, quelli non in giacenza. Sfruttando l’intelligenza del browser, il servizio offre la possibilità di trovare capi simili a quelli già richiesti, di visionare i best seller e di consultare i video look, vere e proprie minisfilate delle collezioni Imperial, selezionati nel lookbook stagionale. Da ultimo, la funzione carrello simula il processo d’acquisto reale in showroom, consentendo al retailer di ordinare set completi di taglie anche in elevati volumi per un fast fashion ancora più funzionale. 

SMART CODE PER COMUNICARE IL VALORE DEL FAST FASHION STYLE
Il business della moda passa da una buona comunicazione. Il fatto è che oggi i canali non sono più solo quelli tradizionali: gli shopper sono smartphone-dotati e non si separano dal loro telefonino (o dal tablet). Imperial Fashion conosce molto bene i suoi consumatori e lo sa bene. Al punto da essere stata pioniera anche sul fronte delle app che per la loro immediatezza ben si sposano con il concetto di fast fashion.“Scarica sul tuo smartphone o tablet l’applicazione gratuita Imperial Fashion disponibile su App Store (per Iphone/Ipad) o Google Play (per Samsung Galaxy, HTC e dispositivi Android) e INQUADRA LE IMMAGINI DEI CATALOGHI UOMO DONNA AI 2012/13: i capi prendono vita attraverso l’esperienza della realtà aumentata”. E così sul numero di ottobre della rivista cartacea Riders il Fast fashion Imperial si declina in una campagna realizzata con il supporto della realtà aumentata, per trasformare le foto statiche in contenuti dinamici ad alto impatto. E lo ha fatto scegliendo una soluzione best of brred: Aurasma. E in realtà aumentata è anche il catalogo ufficiale distribuito nei punti vendita Imperial, oppure scaricaricabile dalla pagina Web.


Fonte: Retail&Food, Gennaio 2013, a cura di Redazione